Dopo il successo acquisito si decide di mettere in scena “Natale in casa Cupiello”. Una prova difficile per una compagnia amatoriale che dopo “Non ti pago” rischia sul capolavoro Eduardiano. I consensi ottenuti generano entusiasmo e impegno.
La scelta dei ruoli è difficile ed emerge qualche contrasto. Si riescono a conciliare le velleità di ognuno con le necessità del gruppo. Rapidamente si è in grado di debuttare.
Gli Amici mettono in scena “Questi fantasmi”, terza opera di Eduardo, realizzando un bel trittico che, anche filologicamente, racconta il percorso del grande autore. Inoltre i rapidi tempi di allestimento sembrano quelli di una compagnia professionistica. Tre spettacoli in tre anni.
L’Associazione vive un momento felice, purtroppo interrotto dalla perdita di Saverio Memmo che, prematuramente, conclude la sua vita terrena per un incidente stradale. Lo spettacolo sarà dedicato al suo ricordo ma la sua assenza si avverte perennemente.
Dopo tre allestimenti di Eduardo l’Associazione decide di cambiare drasticamente rotta e di recitare in lingua. La ricchezza di attori e attrici conduce a scegliere un vaudeville che concede la possibilità a tutti di trovare collocazione e continuare a rimanere in compagnia e arricchire il gruppo. “Niente di dichiarare?” è una prova impegnativa e costosa, per la doppia scenografia, la ricchezza dell’ambientazione di inizio secolo, l’attrezzeria di scena e gli arredi, le musiche e i costumi soprattutto, necessariamente rispettosi di epoca e censo. Una bella sfida che appassiona e si avvale di professionisti nelle varie articolazioni dell’allestimento.
Nel 1994, a dieci anni dalla scomparsa di Eduardo, gli “Amici” hanno voluto assemblare uno spettacolo commemorativo sulle opere del grande autore napoletano. L’allestimento è una piacevole antologia delle scene più vibranti dei lavori di Eduardo, presentate da un affamato Pulcinella che introduce gli spettatori nelle vicende rappresentate.
Lo spettacolo è replicato ormai da venticinque anni riscuotendo sempre consensi e premi.
La Puteche de lu cafè è la traduzione in vernacolo del capolavoro di Carlo Goldoni ad opera di Ivaldo Rulli che sarà l’apprezzato protagonista Don Marzio. La storia è semplice.
La maldicenza di un perdigiorno quale è Don Marzio, posizionato nella bottega che si affaccia su una piazzetta, dove si svolgono attività e accadimenti, è la chiave di volta della commedia dove si generano, grazie alla sua malizia, pettegolezzi, falsità, contrasti, litigi, per chiunque abbia la sfortuna di incontrarlo. Il tutto è molto divertente e intrigante fino ad arrivare al grottesco.
Un allestimento impegnativo, con scene a due piani, una banda che fa il verso festaiolo al Carnevale della scrittura originale di Goldoni, e tanti personaggi che popolano la piazzetta di Don Marzio. Una piazzetta di qualsiasi città o paese in qualsiasi epoca, magari, oggi una piazza virtuale dove esistono tanti Don Marzio invisibili e senza il profumo del caffè ma che inviano fake news, ovviamente meno divertenti del Nostro.
L’emigrazione trattata da Pupillo (e da Giancristofaro) possiede elementi tipici, simbolici, inamovibili: l’epoca va bene per qualche decennio fa e purtroppo anche per oggi; i poli di un’Italia “da dove” si emigra e, in questo caso, di un Belgio “dove” si emigra; il luogo di partenza di un Abruzzo ravvisabile verosimilmente come sud e per simbiosi perfida in un paese piccolo, agricolo;
La compagnia giovani degli amici della ribalta proviene dalla lunga esperienza del gruppo giovani “Terra Nostre”. Gli interessi e collegamenti fra le due compagnie convergono e si decide per una fusione che genera “Il gruppo Giovani degli Amici della Ribalta”.
Si mette in scena uno spettacolo già presentato ma rielaborato e arricchito: “Lu Fazzole” di Plinio Silveri, uno dei più conosciuti e apprezzati scrittori di teatro dialettale. L’esperienza è positiva con numerose repliche in teatri e nei borghi e tanti talenti in crescita.
La fortunata commedia è stata scritta dal lancianese Carmine Amoroso lancianese doc, e poi portata sullo schermo da Monicelli. Ormai è diventata una commedia cult.
Per noi lancianesi il richiamo alla Squilla, il nostro Natale del 23 dicembre, amplifica l’affetto e il senso identitario di questa piece. La commedia è ripetutamente riproposta e raccoglie sempre consensi e riconoscimenti nelle varie rassegne.
Ta-pù è una raccolta di poesie molto conosciuta del poeta sarto, Modesto Della Porta. Elia Iezzi attore, doppiatore, imprenditore del cinema aveva pubblicato due CD con le poesie più conosciute. Da quell’esperienza prende il via il progetto grazie alla sua collaborazione e disponibilità.
Traferire sul palcoscenico non è stato semplice.
La sfida e stata quella di “cucire” (ci si permetta questo termine artigianale; il Nostro era sarto di qualità e pertanto il termine è calzante) un abito teatrale adeguato. Quindi la difficoltà si è configurata nel mettere senza modificare, nell’arricchire senza manomettere; semmai portare a superficie quello che è sotteso dalla poesia.
Ancora un classico tradotto in dialetto. Fedeli alla loro tradizione gli “Amici”, ripercorrono le altre fortunate esperienze di Classici allestiti in versione dialettale, grazie alla penna di Luigi Marfisi. La piece di Pirandello si presta per l’operazione ed ottiene un buon risultato. La trama è semplice e i personaggi ben caratterizzati che si adattano alle cadenze dialettali. Un’esperienza positiva per la bella regia di Gabriele Tinari, regista amico degli Amici da anni, in soccorso a situazione di mancata disponibilità di alcuni componenti del nucleo storico.
Non ti conosco più è una delle commedie di Aldo De Benedetti meglio riuscita, resite al tempo, anche in un epoca lontana dal periodo dei telefoni bianchi e del teatro leggero ed elegante, in cui fu scritta.
La piece allestita dagli “Amici” è in parte in lingua ma con consistenti e pregevoli caratterizzazioni in dialetto. La penna è quella di Gino Marfisi che ne è stato anche il regista e attore.