Non ti pago

Non ti pago
di Eduardo De Filippo 1989 ripresa 1996

Profilo dell’opera

Azzardare un confronto con Eduardo rappresentandone una delle commedie più note è un impegno a rischio che nessuna compagnia teatrale sottovaluta. Per l’Associazione esordire con un’opera importante e conosciuta era una scelta rischiosa e difficile.

Proprio per rispetto a De Filippo e alla sua letteratura teatrale l’Associazione «Gli Amici della Ribalta» di Lanciano considera l’accostamento a «Non ti pago» il migliore omaggio che si possa rendergli in umiltà e in affetto.

Questa commedia, propone uno degli aspetti magici della Napoli di Eduardo, con la sua economia cronicamente provvisoria affidata a certe valenze oniriche più probabili nella realtà e per questo anche soggette a fare i conti con essa.

Il mondo dell’aldilà con i suoi abitanti che si palesano in sogno, generano per volontà del defunto padre, vincite milionarie al lotto, ma producono sugli umani, per un errore di consegna, liti familiari, denunce, anatemi, jettature.

È concreta perfino una figura dell’avvocato scomodato per una questione di sogni, in un ambiente europeo diverso da Napoli sarebbe impossibile immaginare un processo basato sui sogni, più evanescenti anche degli indizi. Anche il parroco Don Raffaele viene coinvolto in questa disputa, rifugiandosi nel “Mistero” per sfuggire alle inquisitorie domande di Don Ferdinando sull’aldilà e sulle sue regole.

Per De Filippo invece i sogni sono prove, la fiducia nei morti che portano bene o male incrollabile, il rifiuto della diversità tra vivi e morti scontato: un altro dei tentativi di «dare una mano» alla Divinità per inventare l’immortalità.

I personaggi della commedia sono popolari ma non popolani, i più poveri dignitosi ed eleganti, i più arrivati rozzi e pacchiani. Filosofia conclusiva del lavoro è quella della suggestione e dell’influenza dell’immaginario, dell’altro mondo, nei confronti del reale.

«Non ti pago» è l’apoteosi del surreale, la ripetizione della superiorità dello spirito sulla materia, sia pure a livello di iettatura. In fondo tutte le filosofie di sempre tendono allo stesso fine, riuscendoci meno.

Francesco Paolo Cipollone

Note di regia

Il debutto è sempre problematico soprattutto per tanti ex teatranti che da venti anni non avevano calcato più il palcoscenico e soprattutto per i neofiti. Il Cinema teatro Excelsior era enorme con un boccascena di 13 metri e una platea di 800 posti per 1200 posti complessivi e complessi da raggiungere con la nostra voce, abituati nel passato a spazi parrocchiali o al  teatro Fenaroli  con 300 posti. I personaggi erano ben delineati dopo 4 mesi di prove, con una lettura registica ovviamente rispettosa della tradizione. Diversi “napoletani” in scena aiutarono a correggere la “pronuncia” degli abruzzesi. 

La tensione era alle stelle, paura tanta, qualche ritardo nel montaggio. Alle ore 21,15 si apre il sipario e l’immensa platea è piena. Iniziano le prime risate che incoraggiano gli attori, qualche piccola sbavatura ma il mestiere dei veterani maschera qualche incertezza. I veterani frenano gli entusiasmi, ribadiscono che in palcoscenico occorre arrivare al termine per esultare; l’errore è sempre in agguato. In effetti all’inizio del secondo atto un attore entra in “trance”, blocco mnemonico, velina di Pupillo e nulla viene avvertito dal pubblico; benedetti silenzi Eduardiani! Si arriva alla fine senza intralci. 

È successo pieno, abbracci, baci, felicitazioni da parte del pubblico. Qualcuno ha gli occhi umidi, qualche altro è accasciato su una sedia e suda freddo. Quanti anni saremo capaci di andare avanti ?In effetti tanti. La commedia fu riallestita nel 1996 con qualche ritocco e qualche sostituzione con numerose repliche in teatri e nelle tourneè estive nei bei borghi dei nostri paesi.

Mario Pupillo

Edizione 1989

Ripresa 1996