La semplice lettura di “Natale in casa Cupiello” sottratta al fascino del teatro conferisce amarezza e valenza drammatica all’opera, obbligando l’anima a riflessioni che abitualmente rifiuta. Le vicende e il candore di Luca Cupiello generano nello spettatore l’aspirazione a divertirsi nel senso di edificarsi spiritualmente anche attraverso il dramma o a meditare secondo il predominio del sentimento del momento. Le vicende e i logorati rapporti familiari e i contrasti parentali si prestano al sorriso e alla risata ma Natale in casa Cupiello è tecnicamente una commedia drammatica.
L’Autore non gli dona nessuna etichetta, e se lo può permettere perché un caposcuola, prestigioso e indipendente. Si procede nella precaria economia familiare di moglie, figlio , fratello, figlia – marito – amante, di cui Luca ignora ogni risvolto, concentrato nella sua missione, contrastata in famiglia, di realizzare il più bel presepe del rione.
Sui contenuti e sulla morale della commedia – chiamiamola così per comodità – si potrebbe ravvisare un gioco delle parti dal finale, dalla beffarda patetica benedizione alla figlia e al malcapitato amante, ignaro e cosciente sostituto del marito di questa, in un gioco penoso di morte e di interessi economici che cronicizzano Napoli: è una vera parabola che rammenta gli inganni tra Esaù e Giacobbe e convoglia simpatia verso il perdente più galantuomo, ma in pratica premia il più fortunato: una metafora del potere, forse.
Tanto più che a una tale investitura è preposto un Luca Cupiello morente, capo di casa sempre ignaro di tutte le jettature che gli scorrono attorno, ingenuamente corazzato dal suo presepe inadeguato a scongiurargli una conclusione disperata, per sé e per la famiglia, di cui neanche si accorge; forse la poesia è la miglior vendetta dei candidi di cuore nei confronti dei torbidi in tutto: come dire, il morto se ne va in pace, i vivi restano a soffrire anche perché in vita hanno esautorato di tutto un sognatore colpevole di cercare il bene solo dov’è. Come se i restanti fossero immortali.
Francesco Paolo Cipollone
Natale in Casa Cupiello è l’opera più conosciuta di Eduardo. Luca Cupiello, innamorato del presepe, nell’infantile fervore realizzativo, elude la realtà che lo circonda, un figlio mariuolo, una figlia che tradisce il marito, un fratello condomino astioso, una moglie rassegnata. Le dinamiche familiari disegnano un coacervo di sentimenti e comportamenti che richiedono un cast adeguato… La presenza di alcuni componenti dell’associazione di origine partenopea incoraggia l’allestimento. Le prove si svolgono regolarmente dopo i successi con “Non ti Pago”.
Questa volta le serate saranno due in quanto si avverte l’interesse del pubblico lancianese.
In effetti le due serate all’Excelsior confermarono il pienone con accoglienza calorosa. Prove insistenti e in tre mesi si arriva al debutto, sempre nel teatro Excelsior per due serate, 13 e 14 dicembre 90. Tutto esaurito con successo chiaro e completo per tutta la compagnia. Lo spettacolo piace, applausi e commozione. Unico neo lo schiaffo che Saverio Memmo infliggeva al rivale Bruno Romanelli, amante della moglie Ninuccia; era stato un po’ troppo forte per l’emozione… Bruno lo perdonerà.
Intanto la Compagnia si era arricchita dell’arrivo di Massimo Benedetti, avvocato e musicista di valore, che riuscì a sottolineare le scene più toccanti dell’allestimento. La compagnia replica per tre sere ad Atessa, per tre sere a Vasto, si presenta al teatro Marrucino senza timori riverenziali e ottiene in “terra straniera”, teatralmente parlando, la definitiva conferma di buon livello artistico. Ormai si è sicuri che il gruppo è valido ed ha un avvenire. Anche questa commedia è stata riallestita nel 1999, con alcune sostituzioni d’obbligo, con repliche nel periodo natalizio a Lanciano, Pescara al teatro Michetti e in tutto l’Abruzzo.
Mario Pupillo