“Lu fa zzole”, commedia di Plinio Silveri, prolifico e validissimo autore di opere teatrali in vernacolo, raccoglie le tipiche figure di un Abruzzo popolare, ancorato alle tradizioni più antiche, testimoni di un folclore vivo ma anche di una società oppressa da retaggi culturali.
Plinio sa portare sulla scena le problematiche sociologiche che hanno caratterizzato il nostro Abruzzo ed in particolare la donna.
La famiglia, la comunità, il fatalismo arcaico tramandato nei secoli, vengono a condizionare pesantemente la libertà individuale, soggiogandola a opportunismi e volontà gerarchicamente consacrate. Tra le tante “regole”, una delle più penalizzanti prevedeva, nei nostri paesi, che la fanciulla a cui veniva rubato “lu fazzole”, era costretta a sposare l’autore dell’azione. In caso contrario, la ragazza sarebbe rimasta disonorata e quindi rifiutata da tutti i giovani del paese.
Da questo spunto parte la bella storia, raccontata con grazia ed umorismo da Plinio, che nel suo teatro è riuscito sempre a cogliere gli aspetti più veri della cultura popolare abruzzese.
La vita paesana è raccontata nelle sue espressioni più tipiche quali la superstizione, il fatalismo, le regole imposte, pesanti fardelli da rimuovere per chi, in clima di modernità, tende ad abolirle.
Mario Pupillo
l personaggi sono credibili nelle loro esternazioni più tipiche dell’epoca e gli interpreti bravi e credibili ben diretti da Monia Di Leandro, ma non è difficile proiettarli ai nostri giorni. La distinzioni in classi, la definizione di ruoli categoricamente definiti quali la comparanza, l’autorità, il matriarcato invadente e pettegolo, i rituali quali il matrimonio predeterminato dai genitori, di segnano un microcosmo che persiste ancora ai giorni nostri anche se mimetizzato in altre strutture sociologiche.
l “siparietti” con cui Plinio arricchisce la commedia ripropongono le tappe fondamentali di una comunità ancorata a retaggi come la cerimonia del “parlamento”, ovvero dell’incontro delle famiglie per discutere la dote da offrire alla controparte, in una sorta di compravendita maritale; e ancora “la comparanza di San Giovanni”, celebrata dalle giovanette con filastrocche e litanie, rinnovano la memoria di un Abruzzo antico, quasi pastorale, ma ancora presente nella nostra memoria.
Non deve trarre in inganno la “leggerezza drammaturgica” di Plinio in quanto la storia affronta un sottotesto impegnativo e sociologicamente profondo.
L’amore fra due giovani che muove la vicenda è proposta con la tenerezza che ci porta indietro nel tempo e ci fa recuperare spontaneità e sentimenti che, in regime di globalizzazione, tendono ad essere omologati. Il percorso sarà articolato, ricco di colpi di scena, disegnato con i colori dell’Abruzzo più vero, con personaggi capaci di procurarci riso e commozione. Il finale però riserva una sorpresa….
Mario Pupillo e Monia Di Leandro