I prodromi: sulla “Nuova Enciclopedia della Musica” edita da Garzanti, una delle gloriose “Garzantine”, si legge che “Vaudeville” è termine francese di origine controversa (alcuni studiosi lo fanno derivare da Vaux de Vire, nome di una città normanna)…, attendibilmente prima del 1500. Nel rimestio dei secoli successivi, la commedia degli equivoci, presente da sempre nel teatro, da Sofocle a Plauto, a Goldoni, ai librettisti dei melodrammi classico-romantici, trova esaltazione specifica nel teatro comico recitato-cantato dei primi anni dell’ottocento noto semplicisticamente come “Vaudeville”.
I testi in esso ricompresi danno l’impressione del “già letto”: le trame appaiono conosciute, i personaggi vicini di casa, i lieti fini ovvi e senza patemi. Parente stretto dell’operetta, se ne distingue per la sua filiazione al teatro più che alla musica. Si può anche superficialmente opinare l’equazione che il vaudeville sta al teatro come l’operetta sta al melodramma, però teatro “è”.
Anzi, a differenza di “libretti” scadenti sposati a musiche divine, gli autori di vaudeville sono spesso paladini di alta letteratura. La materia trattata, leggera, spesso frivola, con personaggi miracolati dal non assillo di quotidiani calvari come noi poveri mortali, contribuisce alla sua popolare vitalità postulando spettatori che sospirano dal teatro qualche ora di svago, non effimeramente ma per una vera “igiene” dello spirito intossicato terminale dalla realtà.
La commedia-Vaudeville “Niente da Dichiarare?” di Hennequin e Veber del 1906 è affrontata dagli “amici della ribalta” di Lanciano dopo un collaudato tirocinio con lavori di Eduardo De Filippo. Gli equivoci involgono, fantesche comprese, tutti i personaggi, interdipendenti al punto che i protagonisti di rito restano piuttosto comprimari o primi fra pari, a beneficio di tutti gli attori che così hanno occasione di recar tributo alla recitazione di dignità pressoché omogenea.
L’immancabile morale gnomica è assicurata da Zezé, la quale non sapendo fare nulla guadagna più degli altri.
L’aura di allegra licenziosità è scontata da battute dove la condotta dell’amica preoccupa più di quella del coniuge. Parigi, dove è ambientata, non ostacola la provincialità della vicenda. La ricostruzione interpretativa che ne fanno “gli amici della ribalta” è legittimamente di tradizione, nelle scene, nelle musiche, negli arredi, nei vestimenti puntualmente ossequiati. Tipica è la voglia irrinunciabile di trasgredire di tutti i personaggi, borghesotta la conduzione dei ritmi di discolpa, tradizionali i tradimenti più o meno coniugali. Per i personaggi , vivere è trasgredire. Ma è poi la stessa vocazione di tutti.
Francesco Paolo Cipollone
Il vaudeville è una tipologia di spettacolo che viene considerato “leggero” un teatro di evasione, di puro divertimento. La mancanza di una drammaturgia consistente e forte rende l’allestimento apparentemente facile ma in realtà gli interpreti hanno un compito molto difficile perché non esiste trama consistente che sostiene la piece, tutto si gioca sulla situazione, sulla sorpresa, sugli equivoci, sul ritmo, sulla bravura degli attori e attrici che conquistano lo spettatore e lo immergono in una vertiginosa e divertente avventura.
Quindi in realtà il vaudeville è un’esperienza molto difficile, una prova attoriale e registica che si rivela quasi didattica per la formazione e maturazione dei singoli attori, attrici e di una compagnia. Gli Amici hanno portato a termine questa esperienza nel 1993, in una versione in lingua e nel 2005 in una versione dialettale. Entrambe gli allestimenti hanno ottenuto buoni risultati e ottenuto riconoscimenti.
Ovviamente a distanza di oltre dieci anni sono cambiati diversi interpreti ed in particolare Zezè, la pittrice cocotte che è la protagonista della vicenda. Nella prima versione dopo una breve presenza di Marta Bucciarelli poi emigrata al nord per altri impegni artistici, è stata Angela Ranalli ha ricoprire il ruolo di una donna capace di tenere in pugno, nel suo frequentato “atelier”, un novello sposo in difficoltà, rivali impazienti e potenti di turno, aspiranti clienti di Zezè, con l’aggravante di parentele appena nate.
Nella ripresa del 2005, colorita dal nostro dialetto, Zezè è stata interpretata dalla brava Clara Labrozzi con ampio rinnovamento e rotazione dei ruoli. Il risultato è stato confermato con un allestimento premiato e apprezzato. Il lavoro registico ha lavorato sul ritmo, sempre elevato, con meccanismi quasi matematici per catturare l’attenzione del pubblico e su tutti gli aspetti, scenografici, illuminotecnici, del colore e dei costumi. Un bel risultato per i percorso di crescita su un terreno pericoloso, ben affrontato da un cast numeroso e ormai ben amalgamato.
Mario Pupillo