Questa commedia, esaurientemente seria, appena attenuata nella sua amarezza dal bordone dell’ironia comunque umoristica di Eduardo, rimanda d’istinto a “Non ti pago” dello stesso Autore e al Pirandello del “Gioco delle parti”.
Materia comune, delle tre opere, l’utilitarismo: sola forza umana efficace di autoconvincimento, in fede più o meno mala.
Gli onirismi di “Non ti pago”; lo scaltrito protagonista pirandelliano, i fantasmi, acclarano sulla nozione di “bisogno” più di una biblioteca specializzata.
In fondo “la fame caccia il lupo dalla tana” evoca più filosofia di un testo universitario. “Questi fantasmi” induce a riscoprire e aggiornare l’ipocrito sentenziare che si può ingannare tutti meno se stessi. In temperie di “bisogno” intenso in senso tecnico, perché anche la ricchezza è bisogno amplificato, l’uomo deve ingannare anche se stesso. In realtà non si riesce a capire se Pasquale Lojacono crede nei fantasmi e ne accetta le donazioni o se surrettiziamente finge di non riconoscere l’amante della moglie per salvare la sua traballante economia di affittacamere e allontanare ogni domanda sulla sua esistenza.
La conclusione equivoca della commedia, dove neanche l’Autore raccapezza più se i fantasmi esistono, perché può essere conveniente crederci, tacita coscienze e aggiusta portafogli. Persone in velleità di anime, sogni e realtà inventate spiegano Politiche e Religioni: il prezzo di mercato di ciascuno è soggetto al calmiere rozzo della paura di morte e di vita.
“Banca, Trono, Incenso, Altare, quante cose da regolare” affermava Flaiano nelle sue fulminanti riflessioni.
L’orditura parabolica dei tre atti, il primo latore di promettenti risoluzioni, il secondo moderatamente trionfalistico, il terzo di rovinosa resa di conti esistenziali e morali per tutti, non elude la mestierata sapienza di Eduardo ripetuta in tanti altri lavori, tuttavia non ne attenua l’universalità del messaggio: i sogni che diventano numeri proliferanti danaro sono di Napoli, ma i fantasmi “esistono” anche in Inghilterra, o in America o in Danimarca o nei Carpazi.
Questo non limite, di indole vagamente territoriale, dovrebbe favorire l’impresa degli interpreti, non napoletani, a conclusione di un trittico Eduardiano, di pregio non trascurabile, apprezzato dal pubblico nelle numerose repliche.
Francesco Paolo Cipollone
Un Eduardo Pirandelliano, relativamente poco rappresentato, dove il plot principale è rappresentato dal mascheramento, che si traduce in utilitarismo, che Pasquale Lojacono esprime ambiguamente. Il ruolo del protagonista prevede una recitazione sempre in bilico fra sincerità e finzione che non si chiarirà nemmeno al termine dello spettacolo. Uno spettacolo raffinato che si giova di tante caratterizzazioni e trovate geniali. Il prof. Santanna, dirimpettaio che non compare mai ma osserva e colloquia con Pasquale (anima in pena) e gli incute paure riferendo dei fantasmi. Il professore rappresenta il popolo, la comunità, l’opinione pubblica che osserva, che critica, che giudica le vicende del malcapitato locatario.
Felicissime le interpretazioni del portiere (anima nera) di Ivaldo Rulli, della sorella (anima dannata) Celestina Ciarelli distrutta dalle visioni orrifiche di fantasmi, Angela Ranalli nel ruolo di moglie tradita (anima triste) da Alfredo (anima irrequieta)interpretato da Gino Marfisi, amante di Maria (anima perduta) una credibile Gianna Rositi, moglie di Pasquale. Un cast ben assortito. Bellissima la scena finale dove Pasquale intercetta Alfredo, amante in procinto di fuggire con soldi e moglie.
E’ scambiato per fantasma da Pasquale, che era in appostamento sul balcone, e a cuore aperto mostra la sua povertà, la sua fragilità. Lo supplica di aiutarlo economicamente perché sta perdendo la moglie. Questa accorata e commovente dichiarazione colpisce il fantasma confessore, che rinuncia alla fuga e lascia il denaro. E’ un momento di grande emozione.
Le musiche di Massimo Benedetti danno ulteriore valore ai momenti più emozionanti. Commedia di grande suggestione, pirandelliana, “Questi fantasmi” viene accolta dal pubblico con successo. Gli “Amici” hanno consolidato la loro credibilità con tre commedie in tre anni; resta il rammarico di aver effettuato meno repliche di quanto le commedie meritavano.
“Colpa” dell’entusiasmo dei neofiti che ha spinto la Compagnia a mantenere ritmi da professionismo. Questa commedia viene presentata, dopo il tradizionale debutto ad Atessa, nel teatro Excelsior il giorno 8 aprile 1992. Fu l’ultimo spettacolo. Mentre stavamo smontando le scenografie, entrò l’impresa a depositare i mezzi che la mattina dopo avrebbero iniziato a smantellare il cinema teatro per trasformarlo in centro commerciale.
Un momento tristissimo a cui assistemmo in silenzio e che ricordiamo con grande rammarico. Quale titolo più calzante avrebbe potuto concludere un’attività breve ma prestigiosa di un locale che tutti invidiavano a Lanciano? Lanciano rimaneva senza spazi teatrali.
Mario Pupillo