“Onora il padre e la madre” è idillico imperio che funziona fino all’intervento maligno della realtà. L’escorso dell’esordio descrive una famiglia tipica, di medie ambizioni senza pretese auliche, di temperie culturale immersa nella banalità consumatrice di TV e di buoni sentimenti in superficie: c’è il candore malriposto della anziana Trieste apprensiva dentro e decisa fuori e del marito Saverio pittoresco e sognante immortalato in film da Paolo Panelli; ci sono i bambini disorientati tra compiti e giochi perché ignari delle zampate e dei morsi che genitori e zii hanno in animo di regalarsi col cinismo connaturato agli adulti.
I profili personali dei grandi evidenziano isterismi somatizzati, confusioni sessuali non più larvate, malcelati rimbrotti politici, infedeltà e frivolezze coniugali. Scandalizzati dall’onta dell’ospizio per un sussiegoso perbenismo, deludendo, in piena coscienza, l’ingenuo desiderio dei “vecchi” di essere accettati da qualcuno dei figli per eludere il maglio della solitudine che in tarda età incrudelisce, la soluzione sarà davvero “finale”.
Ma a rendere imperfetto il progetto c’è il tema – diario conclusivo del piccolo Mauro …
Dell’Autore della commedia è già stata meritatamente esaltata ed apprezzata la sceneggiatura del film di Monicelli. Noi lo ringraziamo con affetto per l’estemporanea evocazione del rito della Squilla ispiratogli certamente dal suo cuore di lancianese.
Francesco Paolo Cipollone
L’allestimento della commedia è stata sempre rispettosa della originale stesura di Carmine Amoroso che con il cuore lancianese ha voluto inserire la ricorrenza della Squilla. Per i lancianesi il 23 dicembre alle 18 suona la campanella sulla torre civica e, dopo un pellegrinaggio alla chiesa dell’Iconicella e ritorno, i fedeli si ritrovano in piazza per un rito collettivo di scambiarsi gli auguri, mettere da parte le liti e poi ritrovarsi a casa del più anziano per lo ricevere doni.
Questa scena, tagliata nei vari allestimenti teatrali di questi decenni, è stata inserita per ovvie ragioni. La scansione del tempo è affidata ad un calendario a vista che viene cadenzato dal nipote che nel contempo inserisce il suo diario delle feste natalizie. La cena natalizia è reale e il profumo dei fedelini con il tonno , baccala e capitone sono una provocazione per il pubblico, specie se a digiuno.
Il tutto contribuisce a portare lo spettatore dentro la vicenda, a farlo sentire a casa di Trieste. Il finale è quello solito ma si avvale di un artificio scenografico d’effetto che sanziona la soluzione dei figli. Ottima l’interpretazione di Trieste da parte di Gigliola D’Antonio che era stata protagonista del 2003 e ritorna dopo 20 anni con immutata bravura.
Gino Marfisi è un superbo Saverio, marito ormai in preda a decadimento cerebrale. Entrambi hanno guadagnato premi e grandi consensi.
I figli e i parenti acquisiti meritano tutti il plauso e anche loro hanno ottenuto premi, nel rappresentare con puntualità, una società che mostra gli egoismi, le menzogne, i tradimenti, gli scarica barile per evitare di prendersi carico dei genitori. Si ride tanto ma il finale è tragico che stordisce il pubblico a prendere atto di un esito, che seppur rivisitato nella realtà, mette in luce l’abbandono dei “vecchi” che il passare degli anni dal debutto di questa piece diventa sempre più evidente.
Mario Pupillo