La Puteche de lu cafè |
ALLESTIMENTO Questa commedia, adattata più che tradotta, giunge dopo almeno un paio di anni dalla prima intenzione di portarla sulla scena. In precedenza gli "Amici" hanno presentato in tempi più agili ottimi lavori del teatro di Eduardo e un vaudeville di felice fortuna. La maturità quasi decennale dell' Associazione postula; per paradosso, una riflessione maggiore su un' impresa considerata a rischio: rendere in dialetto un'opera di Goldoni Veneziano. Si è discusso molto, nelle riunioni degli attori, sulla liceità di vertere un classico da un dialetto italiano ad altro dialetto italiano, operazione delicata e ambiziosa; s'è evocato, a sostegno, anche Shakespeare, traslato come Goldoni e tantaltri in mille lingue straniere, anche se il caso dell'Inglese appare più giustificabile per un minimo di comprensibilità linguistica. S'è deciso alla fine di tentare, perché ancora oggi il gergo veneziano s'impone più ufficiale della lingua italica anche negli strati culturali più elevati; in più Goldoni in Francia scriveva commedie in francese e l'ispirazione non se n'affannava. L'adattamento "frentano", essenzialmente per la penna di Ivaldo Rulli, omaggia l"'opera d'arte" e Goldoni, senza pretenderne l'equivalenza; uguale sentire genera un ineludibile snelli mento del testo per ridurlo a due atti, impresa da non interpretare in senso dissacratorio: ai tempi di Goldoni gli strumenti di svago erano limitati e la gente aveva meno fretta. Nella "puteche" la vicenda è un affresco recitato di quanto può accadere, abbastanza senZa tempo, in qualunque piazza d'Italia, di paese o di città. Se l’"affresco" lo riferiamo a Goldoni, l'esperienza lancianese attuale può essere considerata una copia naif. In fondo, la Gioconda di Leonardo è copiata quotidianamente, nessuno se ne scandalizza e la popolarità se n'avvantaggia. Nel 'Teatro Comico", il personaggio Anselmo recita al capocomico Orazio che "La commedia l'è stada inventada per correggere i vizi e metter in ridicolo i cattivi costumi", perciò la popolarità accresce le intenzioni ammaestranti che il grande Veneziano si prefigurava. Figura tenace ma estremamente mite Carlo Goldoni (Venezia 1707-Parigi 1793), di famiglia buona ed importante, avvocato ma dcdito prevalentemente al teatro (altro punto a suo favore). Mi piace concludere con un episodio storico, illuminante a magnificare un galantuomo: quando nel febbraio del 1793 la "Rivoluzione Francese" s'accorse della penosa indigenza dell'anziano commediografo, su iniziativa di Marie Ioseph Chénier (fratello del ghigliottinato poeta Andrè) gli ripristinò una pensione: nessuno ancora s'era accorto che Carlo Goldoni era morto da pochi giorni. Francesco Paolo Cipollone
PROFILO DELL'OPERA La bottega del Caffè è una delle commedie di Goldoni più rappresentate. Scritta nei 1750 si sviluppa in un campiello (piazzetta) veneziano e vede quale personaggio chiave Don Marzio, maldicente di professione ed incarnazione dell'umana "arte" del denigrare. Colpisce e calunnia tutti coloro che osserva dalla sua postazione di perdigiorno nella bottega del caffè. Gode delle disgrazie altrui ed in particolare di quelle che si procura Eugenio, giovane commerciante dedito al gioco e alle donne. Egli è caduto nelle spire di Don Michele gestore della cantina e biscazziere rinomato e del barone Flamminio, giocatore di professione, che lo costringe a ricorrere a prestiti illeciti. Fà da contrappunto a Don Marzio, la benevola e disinteressata predisposizione alla generosità di Mastro Ridolfo, caffettiere di professione ma benefattore di vocazione. Egli cerca di ricucire e armonizzare quanto di male la natura degli avvenimenti e le maldicenze di Don Marzio producono. Cerca in tutti i modi di ricondurre Eugenio sulla buona condotta e di riappacificarlo con la moglie Rachele, donna fedele ed innamorata. Le cattiverie di Don Marzio riescono a mettere tutti contro tutti ed assumono uno spessore cosmico tanto sono ben congegnate e sfacciatamente convincenti, quasi da renderlo personaggio paradossalmente e irresistibilmente simpatico. La cattiveria, è noto, riesce ad essere più eccitante ed interessante del bene ed è meno faticosa praticarla come evidenziano gli affanni di Ridolfo dedito alle buone azioni. Goldoni osserva l'umanità e propone un caleidoscopio di personaggi che la quotidianità suggerisce nella loro bellezza, anche se votata alla maldicenza; in sintesi l'eterna lotta fra il Bene ed il Male. L'allestimento della commedia in dialetto, non solo abruzzese, ripropone la bellezza del testo e la grandezza di uno dei più grandi scrittori di teatro di tutti i tempi. |