La farsa "Niente da dichiarare?" è di nuovo affrontata dagli Amici, dopo la versione in lingua del 1992, questa volta in dialetto, grazie alla traduzio¬ne di Celestina Ciarelli. Gli Amici dopo oltre dieci anni hanno voluto riproporre la stessa opera, feli¬cemente accolta in tante repliche. La trama è intrigante e ci racconta delle difficoltà di Roberto, giovane sposo di nobile casato. impossibilitato a dimostrare la sua virilità a causa di un inaspettato condizionamento scattato durante il viaggio di nozze. Un doga¬niere, irrompendo all'improvviso nello scompartimento ferroviario dei due novelli sposi, ha interrotto bru¬scamente le iniziative del fresco marito. Da quel momento il doganiere diventa un incubo condizionante che impedisce qualsiasi iniziativa amoro¬sa. La madre della sposa, contrariata dall'accaduto, impone un termine perentorio al giovane per ottemperare al suo compito: in caso contrario il matrimonio sarà dichiarato nullo. É facile immaginare quali soluzioni possano essere suggerite al nostro malcapitato sposino, e quante diffi¬coltà incontrerà nel tentare di risolvere il suo problema. Equivoci a non finire coinvolgeranno suoceri, generi, mogli gelose, cocotte, vedove assata¬nate in un succedersi di colpi di scena dai ritmi vertiginosi. L'ambientazione negli anni trenta contribuisce a rendere ancora più credibile la vicenda.
PROFILO DELL'OPERA
La commedia degli equivoci presente da sempre nel teatro da Sofocle a Plauto a Goldoni trova esaltazione specifica nel teatro comico-recitato e cantato dei primi anni del novecento denominato "vaudeville". I testi in esso ricompresi danno l'impressione del "già letto": le trame appaiono conosciute, i personag¬gi vicini di casa, i lieti fini ovvi e senza paterni. Gli equivoci involgono, fantesche com¬prese, tutti i personaggi interdipendenti al punto che i protagonisti di rito restano piuttosto comprimari o primi fra pari, a beneficio di tutti gli attori che così hanno occasione di recar tributo alla recitazione, di dignità pressoché omogenea. Immancabile morale gnomica è assicu¬rata, nel nostro caso, da Zezè, la quale non sapendo fare nulla guadagna più degli altri. L'aura di allegra licenziosità è scontata da battute dove la condotta dell'amica preoccupa più di quella del coniuge. Tipica è la voglia irrinunciabi¬le di trasgredire di tutti i personaggi, borghesotta la conduzione dei ritmi di discolpa, tradizionali i tradimenti più o meno coniugali. La materia trattata, leg¬gera, spesso frivola, con personaggi miracolati dal non assillo di quotidiane preoccupazioni, contribuisce alla sua popolare vitalità postulando spettatori che sospirano dal teatro qualche ora di svago. Per gli eletti vivere è trasgredire. Ma è poi la vocazione di tutti. Francesco Paolo Cipollone