Gli "Amici" sono ormai prossimi al traguardo dei dieci anni di attività teatrale. Una serie fortunata di allestimenti ha portato la Compagnia ad incontrare Eduardo in una significativa Trilogia ( Non ti Pago - Natale in casa Cupiello - Questi Fantasmi) e con "Stasera Eduardo", ad affrontare il vaudeville con" Niente da dichiarare?" e proporsi nel teatro dialettale abruzzese con una riuscitissima traduzione (di Ivaldo Rulli) e rivisitazione della "Bottega del caffè" di Goldoni. Il nucleo storico dell' Associazione che si è "Rifondata" nel 1989, dopo la prima costituzione nel 1964 nel teatro Antoniano, ha continuato a riproporsi al pubblico frentano - abruzzese con spettacoli in cui l'aspetto privilegiato è stata la comicità anche se a volte impregnata di tristezza come nei testi Eduardiani. La proposta di "Cara Moglia" nasce dall'esigenza di affrontare nuovamente il dialetto e pertanto la tradizione popolare specularmente alla recente "bottega" . La festosità e ricchezza di colori dell'opera Goldoniana lasciano il posto ad un impianto drammaturgico e scenico essenziale di "Cara Moglia", arricchito dalle belle musiche di Massimo Benedetti che sapranno sottolineare gli episodi più intensi. Raccontare le storie dei nostri emigrati, intrise di sofferenza, di disperazione ma di immensa umanità e di tenera ilarità ci è sembrata operazione utile. Arricchire il nostro percorso artistico e proporre una tematica poco frequentata dai gruppi teatrali non professionisti, abituati a cogliere gli aspetti più folcloristici della nostra storia, è sembrata impresa doverosa dopo dieci anni di attività. Il lavoro di Emiliano Giancristofaro (Cara Moglia - lettere a casa di emigranti abruzzesi), ricco di testimonianze epistolari, ha suggerito una traccia per una storia di fantasia, che unifica e propone i denominatori comuni di tutto il fenomeno dell' emigrazione: la povertà, la sofferenza, la gelosia, i tradimenti, la solidarietà, il familismo e, a volte, le sudate piccole conquiste, pagate con costi altissimi. In fondo le lettere sembrano scritte da una sola persona tanto sono omogenee nelle tematiche che affrontano e che crucciano gli sgrammaticati estensori. La necessità di affrontare un tema impegnativo e lontano dalla tradizione produttiva degli "Amici" può sorprendere ma a volte il percorso "artistico" si arricchisce di inaspettate risorse di aspiranti giovani attori e di convergenze di interessi che incoraggiano a prove inconsuete ed impegnative. AI pubblico il giudizio su una proposta che ci ha affascinato e coinvolto a ritrovare nella storia recente della nostra Gente i presupposti per rivalutare il presente e riscoprire il fenomeno dell' emigrazione che si rinnova e si ripropone in termini nuovi ma sempre complessi e problematici sia sociali che personali.
PROFILO DELL'OPERA
Nobilitare l'emigrazione è utopia. Quando l'Europa avrà illuso "i sudditi" sulla intervenuta assenza delle frontiere, toccherà, a chi è nel bisogno, capire che le distanze misurano gli stessi chilometri di sempre. L'equivoco ambiguo, voluto da sempliciotti e fortunati, discende dall'arte sottile di convincere i meno provveduti che viaggiare sia facile, scegliersi un posto per vivere anzichè un altro sia un gioco magico, le possibilità per muoversi, appannaggio di una minoranza di privilegiati, siano dettagli. Attori, cantanti, sportivi con aerei personali, ricchi, attraverso le pilotate persuasioni di temperie, rafforzano questo fallace convincimento. Esiste invece, ancora massiva, l'emigrazione per la conquista del pane, per l'obliterazione dei sentimenti migliori, per il violentamento dei legami familiari più sacri. Da questo omaggio alla disperazione nasce la commedia drammatica di Mario Pupillo costruita sul libro del cortese Emiliano Giancristofaro ("Cara moglia" lettere a casa di emigranti abruzzesi. Introduzione di Eide Spedicato Iengo. Rocco Carabba Editore). L'emigrazione trattata da Pupillo (e da Giancristofaro) possiede elementi tipici, simbolici, inamovibili: l'epoca va bene per qualche decennio fa e purtroppo anche per oggi; i poli di un' Italia" da dove" si emigra e, in questo caso, di un Belgio "dove" si emigra; il luogo di partenza di un Abruzzo ravvisabile verosimilmente come sud e per simbiosi perfida in un paese piccolo, agricolo; l'illetteratura a livello d'analfabetismo di chi non può intuire destini diversi dal finire surrettiziamente prigioniero rassegnato a scavare carbone nero in miniera buia a mille metri sotto. Le scuole serali o private per gli emigranti sono insidie agli affetti tradizionali, ma tuttavia aiutano, attraverso lettere sgangherate e di scontato contenuto, a non spezzare il filo sfilacciato, con uno dei due capi al paese d'origine, donde i familiari s'ingegnano a rispondere con simmetrica umile scritturazione. In chiave sociale resta una morale di fondo e di soggezione: è scontato che gli emigranti distinguano le avventure amorose dai sentimenti sani per la famiglia, rimediando la domenica a messa con un confessore bonario; è scontato che nel paese il potente non rinunci al suo preteso "diritto" di dominare chi ha bisogno della sua bieca " beneficenza"; è forse scontato che un'ombra d'idea finale di morte, emigrazione che ci riguarda tutti, si concluda al meglio, con un'ultima lettera alla "moglia" che trascende in ritornata serenità, sperando evidentemente che la vita volga comunque al meglio. In fondo, scriveva d'Annunzio, " il tesoro dei poveri è l'illusione". Francesco Paolo Cipollone