La Compagnia lascia Eduardo e si cimenta in un cromatico e vertiginoso vaudeville di Hannequin e Veber, consolidata coppia di autori francesi. I dubbi se lo spettacolo avrà buon riscontro sul pubblico abituato ad Eduardo sono fugati dal debutto nel bel teatro di Atessa, spazio privilegiato dagli “Amici della Ribalta” Due serate con tanti Lancianesi il 13 e 14 marzo “94 dopo due consecutivi rinvii per neve. Il clima in teatro è caloroso con attori ben amalgamati e affiatati. Ivaldo Rulli è Dupont, magistrato dedito ai piaceri della vita; sua moglie è Gianna Rositi, bigotta e severa , madre (anche nella vita) di Paulette, graziosa ed ingenua Angela Romanelli, novella sposa ancora illibata dopo un viaggio di nozze deludente. Un invadente doganiere, con un brusco ingresso nel vagone letto, spezza l’incantesimo di Roberto De Trivelin , interpretato da Mario Pupillo, marito brillante ma facilmente suggestionabile da doganieri e dalla disarmante ingenuità della sposa. Tanti sono i personaggi e gli interpreti che costituiscono un bell’esempio di società parigina, godereccia e trasgressiva di inizio secolo. Zezè è una falsa pittrice che ama praticare altre raffinate arti nel suo atelier frequentato da mariti, suoceri e parenti e da Roberto bisognevoli di cure affettuose per recuperare il ruolo di marito minacciato da ultimatum di divorzio. Angela Ranalli prima e Marta Bucciarelli successivamente si confermano brave attrici in un ruolo intrigante e difficile da sostenere. Marta Bucciarelli in seguito intraprende l’attività di attrice per professione. Gioacchino Crispo, nuovo arrivo nella Compagnia, è un cammellaio di rara potenza e originalità nonché marito abbamdonato di Zezè. Claudio Foria è un pittore di rara comicità ed ambiguità. Anna De Sanctis è una zia prodiga di buoni consigli dettati da giovanili esperienze matrimoniali; Celestina Ciarelli è una sorella di Paulette pragmatica e disinibita innamorata di Gontrano, il bravo Orazio Martelli, sposo paziente ma focoso. Maria Teresa Pace interpreta l’immancabile domestica tuttofare con bella disinvoltura. Nello stesso ruolo, in casa Dupont, è impegnata una simpatica Silvana Didone in sintonia con la padrona di casa . Il risultato è positivo. Ritmi serrati con meccanismi ad orologeria tengono lo spettatore in divertente tensione per i due atti dell’adattamento curato da Palmiro Lupi. L’allestimento tiene per due anni e visita i teatri abruzzesi con successo.
PROFILO DELL'OPERA
I prodromi: sulla "Nuova Enciclopedia della Musica" edita da Garzanti, una delle gloriose "Garzantine", si legge che "Vaudeville" è termine francese di origine controversa (alcuni studiosi lo fanno derivare da Vaux de Vire, nome di una città normanna)..., attendibilmente prima del 1500. Nel rimestio dei secoli successivi, lo commedia degli equivoci, presente da sempre nel teatro, da Sofocle a Plauto, a Goldoni, ai librettisti dei melodrammi classico-romantici, trova esaltazione specifica nel teatro comico recitato-cantato dei primi anni dell' ottocento noto semplicisticamente come "Vaudeville". I testi in esso ricompresi danno l'impressione del "già letto". le trame appaiono conosciute, i personaggi vicini di casa, i lieti fini ovvi e senza patemi. Parente stretto dell' operetta, se ne distingue per lo suafiliazione al teatro più che alla musica. Si può anche superficialmente opinare l'equazione che il vaudeville sta al teatro come l'operetta sta al melodramma, però teatro "è". Anzi, a differenza di "libretti" scadenti sposati a musiche divine, gli autori di vaudeville sono spesso paladini di alta letteratura. La materia trattata, leggera, spesso frivola, con personaggi miracolati dal non assillo di quotidiani calvari come noi poveri mortali, contribuisce alla sua popolare vitalità postulando spettatori che sospirano dal teatro qualche ora di svago, non effimeramente ma per una vera "igiene" dello spirito intossicato terminale dalla realtà. Viene da pensare, col crisma del candore, che basterebbe trasformare il "governo" in vaudeville per poter risolvere il disturbo di vivere. Tuttavia, poiché lo realtà è quella flaianea della "situazione disperata ma non seria" l'operazione esaurisce in un divoto tentativo frustro-lodevole con corollario di infernale proverbiale lastrico. La commedia-Vaudeville "Niente da Dichiarare?" di Hennequin e Veber del 1906 è affrontata dagli "amici della ribalta" di Lanciano dopo un collaudato tirocinio con lavori di Eduardo De Filippo. Gli equivoci involgono, fantesche comprese, tutti i personaggi, interdipendenti al punto che i protagonisti di rito restano piuttosto comprimari o primi fra pari, a beneficio di tutti gli attori che cosi hanno occasione di recar tributo alla recitazione di dignità pressoché omogenea. L'immancabile morale gnomica è assicurata da Zezé, la quale non sapendo fare nulla guadagna più degli altri. L'aura di allegra licenziosità è scontata da battute dove la condotta dell' amica preoccupa più di quella del coniuge. Parigi, dove è ambientata, non ostacola la provincialità della vicenda, tipica è la voglia irrinunciabile di trasgredire di tutti i personaggi, borghesotta lo conduzione dei ritmi di discolpa, tradizionali i tradimenti più o meno coniugali. Il discorrere è d'epoca, al punto che la letteratura delle nubende è discriminata al rosa, col suo codazzo di curiosità a regime pre-prandiale, e non si tratta di finzione d'autore ma di temperie a lui contemporanea: la censura è ancora avvinta all'Indice, ma per quanto datata la scrittura è fluida e di squisito garbo comico. Il vaudeville, s'è detto, è nato storicamente in Francia, ma l'arguzia della tessitura assurge in questo lavoro spesso alla nobiltà umoristica riconosciuta agli inglesi. La ricostruzione interpretativa che ne fanno "gli amici della ribalta" è legittimamente di tradizione, nelle scene, nelle musiche, negli arredi, nei vestimenti puntualmente ossequati. L'etica laica immanente e surreale completa l'umanità dei personaggi, conferendo a gente sprovveduta di valori di spirito giustificazioni d'esistenza. Per gli eletti, vivere è trasgredire. Ma è poi la stessa vocazione di tutti. Lanciano, febbraio 93 Francesco Paolo Cipollone