L'associazione "Amici della ribalta" festeggia il decennale della fondazione anche se le radici del Gruppo si rintracciano negli anni 65 / 70 nel piccolo teatro della parrocchia di S Antonio. Il 30 ottobre 1989 veniva ufficialmente ricostituita la Filodrammatica che aveva attraversato una fase di inattività determinata da impegni universitari o lavorativi dei componenti. Trovarsi alle soglie dei quaranta anni e ripristinare una passione giovanile può indurre a pensare ad un sentimento velleitario e temporaneo. Il tempo ha dato ragione a coloro che hanno creduto nel tentativo di riprendere un progetto lasciato sospeso. Da allora gli "Amici" hanno saputo offrire al pubblico una serie di proposte godibili e interessanti sia con allestimenti teatrali che in operazioni culturali per la Città anche il periodi di assenza di spazi teatrali e di programmazione culturale. Le collaborazioni con Istituzioni regionali quali il teatro Stabile Abruzzese, l'A.T.A.M, il Comune di Lanciano, il Centro servizi culturali, L'Università della Terza Età, Istituti scolastici, Amministrazioni comunali regionali ed extraregionali, hanno caratterizzato l'impegno della Associazione; non solo produzione teatrale ma proposte culturali per la Città. Negli ultimi anni il curriculum si è arricchito di due pubblicazioni: un bel volume sul nostro glorioso teatro Fenaroli e della traduzione in dialetto abruzzese della "Bottega del caffè" di Goldoni. La proposta cabarettistica ha assunto proporzioni inaspettate mentre la riscoperta della Rassegna Nazionale della vignetta umoristica - Premio Saverio Memmo - ha proiettato l'Associazione verso campi di interesse non strettamente collegati al Teatro o allo spettacolo in genere. Tanti "attori" hanno lavorato in questi anni con gli "Amici". Alcuni sono temporaneamente assenti per le "cose della vita", altri hanno deciso di accomodarsi in platea, uno dei carissimi ha scelto palcoscenici che sanno di eternità. Lo spettacolo del decennale è "Natale in casa Cupiello" di Eduardo, autore a noi congeniale, per festeggiare insieme dieci anni di successi e consensi che il pubblico ci ha sempre tributato. Le motivazioni della scelta tra il repertorio di questo decennio? Il tema "religioso" farebbe pensare al Giubileo. In realtà il Teatro è il nostro Presepe un po' come per Luca Cupiello. Tanti attori sul palco, alcuni a turnazione a scambiarsi ruoli da una sera all'altra, per coinvolgere tutti i componenti del gruppo. L'applauso che raccogliamo è il più prezioso compenso che possiamo ricevere quando il palcoscenico ci accoglie e il sipario che si chiude ci ricorda che "il Teatro ci traveste come maschere dentro e fuori di noi. Maschere che come lampi della memoria scopriamo di possedere; quante maschere dovremo ancora scoprire per conoscere il nostro vero volto..?" Speriamo tante.
PROFILO DELL'OPERA
Il messaggio palesemente falso d'un Eduardo che fa ridere sopravvive nella superficialità di chi nelle commedie di De Filippo avverte la filosofia dei rassegnati che a forza dell'inpietà del destino affidano tentativi di difesa quotidiana all'arguzia ricevuta in dono dalla natura ambiente di Napoli a compenso di tutto il restante depredato: affetti, occasioni perdute, economia e moralità condizionate. La semplice lettura di " Natale in casa Cupiello" sottratta al fascino del teatro conferisce amarezza e valenza drammatica all' opera, obbligando l'anima a riflessioni che abitualmente rifiuta. La recitazione dello stesso testo ha per contro l peculiarità squisita di consentire l'assimilo delle stesse sensazioni con meno apprensioni restituendo allo spettatore l'aspirazione a divertirsi nel senso di edificarsi spiritualmente anche attraverso il dramma o a meditare secondo il predominio del sentimento del momento. Natale in casa Cupiello è tecnicamente una commedia drammatica, ma l'Autore non gli dona nessuna etichetta, e se lo può permette perché un caposcuola, prestigioso e indipendente: sola concessione oziosa è che il lavoro fa parte del teatro di Eduardo, come esiste un teatro di Pirandello, di Shakespeare, di Goldoni o di Moliere. Sui contenuti e sulla morale della commedia chiamiamola così per comodità - si potrebbe ravvisare un gioco delle parti dal finale, dalla beffarda patetica benedizione alla figlia e al malcapitato amante, ignaro e cosciente sostituto del marito di questa, in un gioco penoso di morte e di interessi economici che cronicizzano Napoli: è una vera parabola che rammenta gli inganni tra Esaù e Giacobbe e convoglia simpatia verso il perdente più galantuomo, ma in pratica premia il più fortunato: una metafora del potere, forse. Tanto più che a una tale investitura è preposto un Luca Cupiello morente, capo di casa sempre ignaro di tutte le jatture che gli scorrono attorno, ingenuamente corazzato dal suo presepe inadeguato a scongiurargli una conclusione disperata, per sé e per la famiglia, di cui neanche si accorge; forse la poesia è la miglior vendetta dei candidi di cuore nei confronti dei torbidi in tutto: come dire, il morto se ne va in pace, i vivi restano a soffrire anche perché in vita hanno esautorato di tutto un sognatore colpevole di cercare il bene solo dov'è. Come se i restanti fossero immortali. Francesco Paolo Cipollone